La piscina è attività pericolosa
La sentenza 45797/2017 ha confermato la condanna del gestore di una vasca di irrigazione per omicidio colposo di due bambine che vi erano annegate, riconoscendo la sua responsabilità penale in quanto: «Nel cortile vi era una piscina da sempre utilizzata per l’irrigazione dei campi di pertinenza dell’azienda agricola. I bordi della piscina non risultavano in alcun modo protetti da parapetti volti ad impedire l’accidentale caduta di persone al suo interno». Il proprietario dell’immobile e della vasca in esso ubicata era destinatario «di un dovere specifico di attivarsi per realizzare le adeguate recinzioni e le protezioni». La sentenza ha peraltro escluso il concorso di colpa , ai fini civili, dei genitori delle due bambine che non le avevano sorvegliate. La Corte di Cassazione con la sentenza n. 45797/2017 è intervenuta sulla questione decretando la pericolosità dell’esercizio di una piscina. “Nel corso dell’esercizio va assicurata la presenza di personale di salvataggio che sorvegli le attività che vi si svolgono. Quando la struttura non è operativa , la vasca costituisce pur sempre un’entità costituente fonte di pericolo, derivante soprattutto dalla presenza di acqua, in relazione alle possibilità di caduta accidentale e di incongrue iniziative da parte degli utenti». Appare inoltre confermato che pur quando la piscina non sia in esercizio, il garante della sicurezza della struttura, non possa fare a meno di adottare misure che inibiscano l’accesso alla vasca e ne rendano chiaro il divieto di utilizzo.